Erbe spontanee del Friuli

Erbe spontanee del Friuli Venezia Giulia

ERBE SPONTANEE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA

La raccolta di erbe spontanee commestibili che ci permette di riappropiarci del valore della natura. Ricordandoci che le coltivazioni sono arrivate soltanto in tempi recenti mentre tanto tempo fa i nostri avi raccoglievano quel che il territorio nel quale vivevano dava loro senza necessità di coltivare acri e acri monocoltura, evitando così di intaccare la biodiversità tanto importante per ogni specie su questo pianeta.

  1. ORTICA

Una delle più note erbe spontanee del Friuli Venezia Giulia è l’ortica.

L’ortica (Urtica dioica) è una pianta erbacea che in Italia si trova in tutte le regioni fino a 1.800 m di quota.

Si trova usualmente nei campi e nei terreni incolti, prediligendo luoghi umidi e ricchi di azoto, meglio se ombrosi, come le radure dei boschi, i bordi dei corsi d’acqua (specialmente quelli inquinati), attorno alle rovine di abitazioni. Sulle Alpi è comune nei campi concimati da letame.

Spesso condivide lo stesso habitat con altre erbe, come l’artemisia, la malva, il sambuco e la parietaria.

Nota per il potere irritante dei peli che ne ricoprono le foglie e i fusti. Meno conosciute sono però le sue proprietà benefiche e curative, che la rendono un’efficace pianta medicinale, particolarmente utilizzata in erboristeria. Non bisogna inoltre dimenticare che l’ortica può essere utilizzata in cucina nella preparazione di gustose pietanze.

 

  1. PIANTAGGINE

La piantaggine è un altro stupendo dono che la natura ha fatto all’uomo e di cui pochissime persone oggi giorno conoscono le numerosissime proprietà officinali. Al pari del tarassaco, dell’ortica e di molte altre erbe spontanee che crescono un po’ in tutta Italia, viene solitamente considerata una semplice e inutile erbaccia infestante, da sradicare ed estirpare quanto prima dal proprio campo, o giardino.

può essere usata cruda da sola, o per comporre insalate in abbinamento con altre erbe, oppure cotta, come la cicoria, o gli spinaci, o per la preparazione di piatti sfiziosi, come vellutate o risotti.

 

  1. RUTA

La ruta, il cui nome scientifico è Ruta graveolens, è un’altra tra le erbe spontanee del Friuli e appartiene alla famiglia delle Rutaceae. È una pianta molto utilizzata come aromatizzante di liquori, per insaporire diverse pietanze e per le sue proprietà terapeutiche.

La Ruta viene utilizzata come aromatizzante e viene tradizionalmente impiegata per aromatizzare liquori e grappe. Le foglie fresche possono essere usate con moderazione per insaporire insalate, carni, pesci, oli e aceti aromatici. Molto usata per la preparazione di un tipo di grappa aromatica, come digestivo, per prevenire l’aria nella pancia e gli spasmi intestinali perché stimola l’attività gastrica e contrasta la fermentazione.

La Ruta graveolens si può utilizzare anche in cucina. In piccole quantità, nelle insalate (foglie fresche) o per aromatizzare olio, aceto o piatti di carne. In casa, per tenere lontano i topi, si possono sistemare dei rametti di ruta fresca nei luoghi dove se ne sospetta la presenza. L’aroma che emana è sgradito ai roditori ma anche alle zanzare, per questo si coltiva nei giardini. La presenza di ruta in giardino tiene lontane anche le vipere.

Della ruta si utilizzano le parti terminali della pianta più tenere e le foglie raccolte da maggio ad agosto. Si possono utilizzare anche essiccate. La ruta per uso medicamentoso viene somministrata quasi esclusivamente esternamente sotto forma di olio e tinturaper massaggi per i dolori articolari, nevralgie e crampi.

 

  1. SALVIA DI PRATO

La Salvia di prato è tra le erbe spontanee di tipologia perenne della famiglia delle Labiatae. È la sorella selvatica della Salvia officinalis (la salvia in senso stretto) comunemente usata come erba aromatica.

Il nome salvia deriva latino salvus= salute o salveo=cura, entrambi riferiti alle proprietà medicinali delle salvie. Pratensis si riferisce alla sua tendenza a crescere nei prati.

Da una rosetta basale di foglie ruvide e bollose superiormente, dentate sui bordi, leggermente pelose di sotto, si innalzano steli quadranti coperti di peluria morbida, alti fino a 60 cm, su cui altre foglie man mano più piccole sono disposte a coppie contrapposte. Sugli steli si sviluppano le infiorescenze, a spiga, composte da fiori labiati di colore blu violaceo o indaco. I fiori sono un vero esempio di ingegneria botanica, quando un insetto, solitamente le api, si posa sul labbro inferiore della corolla e si spinge all’interno del fiore alla ricerca del nettare fa scattare un meccanismo, una specie di valvola a cucchiaio derivata da uno stame sterile che spinge lo stame carico di polline a curvarsi verso il basso e a rovesciare il suo contenuto sull’insetto, per favorire l’impollinazione.

Le foglie giovani della salvia dei prati si possono utilizzare in cucina maniera simile a quelle della salvia officinalis, come spezia o condimento, e nella medicina popolare come digestiva e antispasmodica, ma in entrambi gli usi l’azione è più debole rispetto alla officinalis. Conosciuta sin dall’antichità, Carlo Magno ordinò che la salvia avesse un posto d’onore in ogni orto.

 

  1. SILENE

Pur se poco usata come pianta commestibile, è una delle erbe spontanee più prelibate, dal sapore delicato. I teneri germogli che si asportano in primavera a una lunghezza di 5-6 cm, si fanno bollire per qualche minuto nell’acqua e si consumano come contorno a uova o altre pietanze, al pari dei più diffusi spinaci. Con gli stessi si confezionano risotti dal sapore delicatissimo, ma possono pure venire mescolati a frittate e minestre di stagione.
Per apprezzare la bontà del silene bisogna coglierlo per tempo, ossia prima che il germoglio prenda a indurire. Nel caso intendessimo utilizzarlo per risotti, si consiglia di cuocere il riso nell’acqua di bollitura del vegetale stesso: la pietanza ne acquisterà pregio e sapore.
Se desiderate impiegare il silene come verdura cotta, conditelo con un filo del migliore olio, pochissimo sale e niente aceto per non soffocarne il sapore.
A scopo alimentare, in primavera, si utilizzano le giovani cimette; queste, strofinate delicatamente, producono un caratteristico stridío.
La spiccatura non rovina la piantina che rigermoglia con facilità e in continuazione. Trovata la giusta fonte per i propri rifornimenti, è bene ricordare il luogo e non estirparla in modo di avere sempre verdura fresca.

 

  1. TARASSACO

Il tarassaco (Taraxacum officinale, fam. Composite o Asteracee) è una tra le erbe spontanee particolarmente diffusa nei luoghi erbosi ed areati di tutto il territorio italiano. Noto anche come dente di leone, stella gialla e capo di frate, il tarassaco si riconosce facilmente per i suoi capolini fiorali di colore giallo intenso, che si chiudono al calar del sole e si riaprono al ritorno della luce (il tarassaco è conosciuto anche come girasole dei prati). Al capolino sussegue un globo piumoso bianco-argentato, dotato di numerosi acheni; da qui l’appellativo popolare “soffione”.

 

Alcuni autori fanno risalire le origini del nome “tarassaco” ai termini greci taraxis (disordine, squilibrio) e akas (rimedio). Non sorprende, dunque, che il tarassaco sia un rimedio conosciutissimo dalla medicina popolare. Significative sono anche le denominazioni tradizionali attribuitegli nei vari Paesi del Mondo, tra le quali ricordiamo l’italiano “piscialetto” ed il francese Pissenlit. Entrambe queste denominazioni si riferiscono ai poteri diuretici delle foglie di tarassaco – ricche di potassio e sostanze amare – che possono essere consumate come verdura cotta a vapore (se si cuociono in ammollo, è bene ricordare che a cottura ultimata l’acqua conterrà la maggior parte dei princìpi attivi). A tal proposito si consiglia di raccogliere piantine piccole e tenere, cresciute in luoghi non inquinati, prima della fioritura.